martedì 5 gennaio 2016

Proper maintenance of a diving suit

When you approach a new sport, the first thing to learn is to be familiar with your equipment, you should always take care of it.
Your diving suit - drysuit, neoprene or tri-laminate, two pieces suit (jacket and pants) - is no exception.
The better you keep it, the longer you use it.
There are some things to know about the maintenance of a diving suit, in this article we aim to indicate the main guidelines, which you will then accept according to your personal tastes.

First, a diving suit should be washed after each use!
"Washed" means rinsed in cold fresh water both outside and inside.
The intent is to remove residual salt, the smell of the lake, pool chlorine and wipe the interior well.
It is never advisable to use classic soap, and - especially if the diving suit is in neoprene - liquid soap should not be used either.
You can instead use soaps designed specifically for neoprene suits.
It would be wise to wash the diving suit by soaking in a tub just after the dive so - if you do not live near the dive site - it is advisable to use the tub of the diving center which you have approached.
In the absence of a tub, you can use a basin and help with a shower with an underpowered jet.
Alternatively you can settle for rinsing most of the excess salt (or other) with one or two bottles of water and then wash it properly at home.
The important thing is not to let the diving suit wet and closed in the bag too long, and people who have already made that mistake are well aware of what we're talking about!
Some divers periodically wash the diving suit in the washing machine, even before storing it for the winter period.
Although this is a tempting technique to save time and effort, just remember that the suits are delicate objects, and that in a washing machine they could easily be harmed.
In any case, consider that the diving suit must never get close to heat sources that exceed 40 ° C and it has to be washed with cold water.

Second step: drying.
In order to properly dry a diving suit, hang it, using a coat hanger with broad shoulders, so that the weight of the wet diving suit does not weight on the shoulders of a small surface therefore ruining the inner liner.
When the diving suit is completely dry outside, flip it and let it dry inside.
The diving suit must be hung in the shade, since the UV rays can damage the latex.
Hair dryers or machine dryers should never be used.

When the diving suit is completely dry both inside and outside it's time to store it.

In the case of a diving suit with a zipper, first you must clean between its teeth thoroughly with a brush and lubricate it with paraffin, beeswax, or with the substance provided upon purchase.
Remember not to use as lubricant substances like silicone spray, because the propellant could irreparably damage the zipper.
Open and close the zipper a few times and, if it is located on the back of the suit, leave it open (for example in the case of the Polaris Rofos).
On this third phase there are different opinions: someone wants to see the diving suit hanging and others bent.
In both cases, there are some good rules to keep in mind.
It is advisable to use a little talcum powder on wrists and neck, so that they do not stick.
The diving suit should be stored in a cool, dry place, away from direct sunlight and any exhaust gases (so do not think of a wet basement, the garage or the back of a chip shop!).

If you want to hang it, you can simply use, as mentioned above, a coat hanger with very broad shoulders, to fill well your diving suit.
If you prefer to roll the diving suit to put it on a shelf, you can do it from the shoes, and then wrap it with the sleeves, once finished.
Do not place weights on the diving suit, so that the material is not being pressed.
The only care to use in this case concerns the suits with the zipper, which must be folded so as not to make tight turns and as to remain outside the "roll".
Roll ankles or boots towards the belly if the zip is on the back (as in the Polaris or Hybrid Rofos) and towards the back if the zip is front (as in the case of trilaminate dry suits Rofos).
You can also fit a cylinder of rubber or cardboard inside the "roll", to help with the folds.

In summary:
YES to rinse your suit after each dive in fresh water and cold;
NO residues of salt, chlorine, algae, sweat, etc .;
NO use of soap;
YES to wash and dry both internal and external;
NO to washing machine, dryer, hair dryer, etc .;
NO to direct sunlight, heat sources above 40 ° C, humidity, gas impregnation;
YES to brush the zipper and lubricate with paraffin or beeswax;
NO to silicone spray or similar to the zip;
YES to put the suit either hung with wide hangers or rolled up;
NO zipper folded on itself or crushed.

And what is your experience?
Suggest us other mistakes that must be avoided with a diving suit!

giovedì 26 novembre 2015

La corretta manutenzione di una muta da sub

Quando ci si accosta ad una nuova attività, la prima cosa da imparare è ad aver familiarità con la propria attrezzatura, di cui bisogna sempre aver cura.
La vostra muta, che sia stagna, giacca e pantalone, in neoprene o in trilaminato, non fa eccezione. Meglio la tratterete e più a lungo potrete usarla.
Ci sono alcune cose da sapere sulla corretta manutenzione di una muta, in questo articolo ci proponiamo di indicarne le linee guida principali, che si possono poi declinare secondo i gusti personali del subacqueo.
Innanzitutto una muta va lavata dopo ogni utilizzo!
Con "lavata" si intende sciacquata in acqua fredda e dolce sia fuori che dentro. L'intento è quello di levare residui di sale, l'odore del lago, il cloro della piscina e di pulirne bene l'interno.
Non è mai consigliabile l'utilizzo di sapone classico e, soprattutto se la muta è in neoprene, non va utilizzato il sapone liquido. Si può nel caso ricorrere a saponi ideati appositamente per le mute in neoprene.
Sarebbe bene lavare la muta immergendola in una vasca non appena finita l'immersione, quindi se non abitate vicino al luogo di immersione è consigliabile utilizzare la vasca del diving center a cui vi siete rivolti. In assenza di una vasca è possibile utilizzare una bacinella e aiutarsi con una doccia con un getto non troppo potente. In alternativa si può provvedere a levare il grosso del sale (o altro) con una o due bottiglie di acqua e poi lavarla come si deve a casa. L'importante è non lasciarla bagnata e chiusa nella sacca troppo a lungo, e chi ha già commesso questo errore sa bene di cosa sto parlando!
Alcuni subacquei lavano periodicamente la muta in lavatrice, magari prima di riporla per tutto il periodo invernale. Nonostante questa sia una tecnica allettante per risparmiare tempo e fatica, bisogna ricordare che le mute sono oggetti delicati e di un certo valore che in una lavatrice potrebbero facilmente rovinarsi.
In ogni caso si deve assolutamente tenere conto del fatto che la muta non va avvicinata fonti di calore che superino i 40°C e va quindi lavata con acqua fredda.
Si passa quindi alla seconda fase: l'asciugatura. Per far asciugare correttamente una muta appendetela, utilizzando una di quelle grucce per giacconi con le spalle larghe, in modo tale che il peso della muta bagnata non gravi sulle spalle su di una piccola superficie e quindi rovini la fodera interna. Quando la muta sarà perfettamente asciutta all'esterno, giratela e fatela asciugare all'interno. La muta va appesa all'ombra, in quanto i raggi UV potrebbero danneggiare il lattice. Non vanno assolutamente in nessun caso utilizzati apparecchi come asciugacapelli o asciugatrici.
Quando la muta sarà perfettamente asciutta sia all'interno che all'esterno giunge il momento di riporla.
Innanzitutto nel caso di una muta con cerniera, questa va pulita per bene con uno spazzolino tra i dentini della zip e lubrificata con paraffina, cera d'api, o con la sostanza fornita al momento dell'acquisto. Aprire e chiudere la cerniera un paio di volte e, nel caso di una cerniera posteriore, lasciarla aperta (per esempio nel caso della Polaris della Rofos). Ricordate di non utilizzare come lubrificante sostanze simili al silicone spray, poiché il propellente potrebbe danneggiarla irreparabilmente.
Qui sulla terza fase i pareri tra subacquei sono divisi su due fronti: chi la vuole vedere appesa e chi piegata. In entrambi i casi ci sono alcune buone norme da tenere presente. E' consigliabile usare un poco di borotalco su polsi e collo, in modo tale che non si attacchino. La muta va riposta in un luogo fresco e asciutto, al riparo dai raggi del sole e da eventuali gas di scarico (non pensate quindi ad una cantina umida, al garage, o al retro di una friggitoria!). Se volete appenderla potete semplicemente utilizzare, come detto sopra, una gruccia dalle spalle molto larghe, che riempia bene la vostra muta. Se volete invece arrotolare la muta per riporla su di uno scaffale potete farlo a partire dai calzari, per poi avvolgerla con le maniche una volta finito. Non appoggiate pesi sulla muta, in modo tale che il materiale non si schiacci. L'unica accortezza  da utilizzare in questo caso riguarda le mute con cerniera, che deve essere piegata in modo da non fare curve strette e da restare esterna al "rotolo". Portate quindi i calzari verso la pancia se la cerniera è sulla schiena (come nella Polaris della Rofos) e verso la schiena se la cerniera è frontale (come nel caso delle stagne Rofos). Si può anche inserire all'interno del "rotolo" un cilindro di gomma o cartone, per meglio aiutarsi con le pieghe.

Riassumendo:
SI a sciacquare la muta dopo ogni immersione con acqua dolce e fredda;
NO a residui di sale, cloro, alghe, sudore, etc.;
NO all'utilizzo di sapone;
SI a lavare ed asciugare sia interno che esterno;
NO a lavatrice, asciugatrice, asciugacapelli, etc.;
NO a luce diretta del sole, fonti di calore sopra i 40°C, umidità, gas impregnanti;
SI a spazzolare la cerniera e lubrificare con paraffina o cera d'api;
NO a silicone spray o simili sulla cerniera;
SI a riporre la muta sia appesa con grucce larghe sia arrotolata;
NO a cerniera piegata su se stessa o schiacciata.

E la vostra esperienza qual è?
Suggeriteci altri errori da non commettere con una muta!

domenica 29 settembre 2013

Stop alla morìa di delfini nel Santuario dei Cetacei

Questo articolo è stato modificato dopo la prima pubblicazione.
 
Buone notizie: si è interrotta la morìa di cetacei, sopratutto Stenelle, che si sono spiaggiati sulle coste del Mar Tirreno da Gennaio ad Aprile 2013.
I nuovi rapporti elaborati dalla Banca Dati Spiaggiamenti e dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali stabiliscono che “il numero di spiaggiamenti registrati è rientrato nelle medie degli anni precedenti, e quindi abbiamo motivo di credere che il fenomeno si sia esaurito”.
Nonostante il morbillivirus del delfino sia stato riscontrato solo nel 30/40% dei corpi analizzati, rimane l’ipotesi più probabile della morìa, che ha interessato una popolazione di stenelle giovani, con età comprese tra i 7 e i 20 anni (96% delle carcasse analizzate), cioè animali nati dopo la morìa del 1990-92 determinata da morbillo e quindi sprovvisti di anticorpi specifici per difendersi da questa malattia. 

"Ieri (26-03-2013) in Toscana si è spiaggiato il corpo di una balenottera di 17 metri. Ennesimo brutto segno: negli ultimi mesi sulle coste del Tirreno si sono spiaggiati quasi 80 esemplari di stenella (un tipo di delfino).
Le cause di questi decessi sono ancora sconosciute, anche se ad un primo parere sembrano dovute a malattie."

Ancora più preoccupante è il fatto che tutto questo si svolge all'interno del Santuario dei Cetacei! "Ci troviamo in un'area protetta, eppure non esistono regole per limitare l'inquinamento proveniente dalla costa e il traffico marittimo.
Purtroppo l'accumulo di agenti inquinanti può debilitare questi animali tanto da abbassarne le difese immunitarie e renderli suscettibili a infezioni che possono anche causarne la morte" afferma Giorgia Monti, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace.
Lo stesso sostiene Giuseppe Notarbartolo di Sciara, ecologo marino, di cui si può leggere il parere nel post "Come (non) è finita: la moria di delfini nel Tirreno continua".
 AttribuzioneNon commercialeNon opere derivate Alcuni diritti riservati greenkayak73
"Non si tratta di grandi numeri considerando che la popolazione si conta in decine di migliaia di esemplari, ma dobbiamo ricordare che le carcasse rivenute sulle spiagge sono solo una parte del totale. [..]
In secondo luogo: l'omogeneità del campione, composto integramente da stenelle striate, in grandissima parte adulte. Questo rende qualsiasi ipotesi di agente esterno acuto e diretto (per esempio uno sversamento in mare di materiale tossico oppure rumore) estremamente – se non del tutto – improbabile, perché tale agente esterno avrebbe plausibilmente coinvolto differenti specie di animali marini, oltre che differenti fasce di età delle stenelle."
Nel 2010 le analisi effettuate sulle sogliole pescate in Liguria e in Toscana avevano rivelato la presenza di idrocarburi policiclici e metalli pesanti. Purtroppo in questo senso non sono stati fatti molti altri controlli pubblici. Sono stati invece effettuati svariati test sulle sogliole da parte di Greenpeace che confermano un grave inquinamento da mercurio in queste zone.
"È ora che le Regioni Toscana e Liguria si attivino davvero per tutelare il Santuario dei Cetacei. Greenpeace da tempo ha indicato quale dovrebbe essere la strada da percorrere, ma nonostante la promessa di un tavolo tecnico fatta nel 2011 dai Presidenti delle Regioni, ad oggi ancora nulla è stato fatto. E queste morti ne sono la triste conseguenza" conclude la Monti.

Esiste un solo calamaro gigante

 
Il calamaro gigante popola da sempre le leggende legate al mare, ma solo da alcuni anni siamo riusciti a studiarlo nel suo habitat naturale.
L'ultimo studio svolto riguardo a questa misteriosa creatura ha dimostrato che esisterebbe una sola specie di calamaro gigante (Architeuthis), contrariamente a quanto ipotizzavano alcuni ricercatori. 
In questo studio, pubblicato su Proceedings of the Royal Society "B", si afferma che le differenze riscontrate nel Dna mitocondriale di 43 esemplari trovati in diversi Paesi dall'Australia alla California, non sono rilevanti. 
IL fatto che, nonostante la diversa provenienza dei calamari, i campioni di Dna siano incredibilmente simili fra loro suggerisce che facciano parte della stessa specie e che quindi il calamaro gigante sia un animale altamente migratore, o che disperda la prole sfruttando le correnti.
Foto tratta da Flickr AttribuzioneNon commercialeNon opere derivate Alcuni diritti riservati a Product of Newfoundland

martedì 9 aprile 2013

Quanto mangiano gli squali bianchi!

"Quantificare il fabbisogno energetico degli animali in natura è fondamentale per la comprensione fisiologica, comportamentale, e dell'ecologia dell'ecosistema, tuttavia per le specie più difficili da studiare, come i grandi squali, i tassi di assunzione delle prede sono in gran parte sconosciuti". È la motivazione che si legge sul nuovo studio riguardo l'alimentazione del grande squalo bianco.
Quest'ultimo studio, svolto vicino all'Isola di Nettuno, nel Sud dell'Australia, ha portato a risultati molto diversi rispetto ai precedenti: si pensava che il Carcharodon Carcharias avesse un fabbisogno energetico di 30 kg di cibo ogni mese e mezzo, ma a quanto pare questi basterebbero appena per 12/15 giorni.
Calcolando i tassi metabolici derivati dalle stime della velocità di nuoto, si è scoperto quindi che sono diverse volte più alti di quanto precedentemente proposto. Inoltre lo studio ha evidenziato una chiara strategia di predazione in favore delle colonie di foche durante il periodo in cui ci sono i cuccioli.
La ricerca è stata promossa da Jayson Semmens dell'Institute for Marine and Antarctic Studies (IMAS) dell'University of Tasmania, in collaborazione con il South Australian Research and Development Institute (SARDI) dell'Università del Nuovo Galles del Sud e la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO), poi pubblicata su Nature - Scientific Reports.